Qualcuno, nei famosi tempi non sospetti in cui sembra essere successo tutto,
un poco come il Big Bang, mi ha infilato una cosa nel torace. Batte e fa rumore,
soprattutto nelle notti di silenzio, in cui, magari, non russo forte per via della birra
o del buon vino. Ho chiesto un poco in giro e tutti mi hanno risposto “È un cuore!”.
Ho indagato. È una roba molliccia, grande come un pugno di un uomo medio.
Continuamente da colpetti e pompa un liquido rosso, dal sapore leggermente metallico.
Ho letto su Wikipedia che è una roba meccanica, automatica, gestita da un’altra schifezza molliccia
che si chiama cervello. Non so… son perplesso… perché a volte (molto più spesso di quanto si creda)
mi fa stare strano, soprattutto poco prima che mi metta a scrivere o quando mia figlia scende dal treno
o quando guardo mia madre riempire i peperoni della sua magia. Succede anche che sto coso si smuove
quando guardo mio padre dormire sul divano.
Qualche tempo fa, sta roba molliccia, mi ha fatto tutta una serie di strani scherzi:
mi svegliava di notte, mi faceva smaniare, soprattutto quando pensavo a una certa persona
o me ne ricordavo altre, che non ci sono più e mi sono preoccupato. Sono andato da un medico del cervello,
uno bravo, e mi ha detto che sono completamente scemo e che devo leggere meno romantica letteratura russa.
Non so… sono un po’ perplesso…
Ad ogni modo… è successo che stanotte ho finito di confezionare una cosa e stamattina mi è capitato
di dargli un occhio e sto muscolo, del tutto inaspettatamente, mi si è stretto,
facendomi venire brividi su tutto il corpo e mi é venuta voglia di scappare via, verso il mare,
perché la testa mi si è riempita di fantasmi e sogni e desideri e malinconie e frasi e baci e carezze
e ho pensato che, muscolo schifoso, io non ti voglio, se mi devi fare sti scherzi,
che io sto bene senza e che non ho bisogno che, ogni volta che ricordo certe cose, tu mi faccia stare in questo modo.
Poi mi son fermato a riflettere, ho respirato come mi è stato insegnato da questo dottore del cervello
e mi son ricordato di una volta, a Catania, in un ristorante del centro, soffocato da un caldo umido,
in cui mi è stato chiesto perché stavo così male, perché soffrivo così tanto. Beh… oggi è chiaro.
Non è sofferenza. È passione, una passione che può corrodere le ossa e sciogliere gli occhi,
che può fare impazzire se non espressa correttamente e questa passione, quando incontra un muro,
un ostacolo o, peggio, viene repressa, uccide. Quella volta non avevo capito ma ho visto l’abisso tra me
e quello sguardo e ho compreso che quell’abisso è la mia creatività, un abisso impossibile da colmare.
Io qui, lei dall’altra parte di questo oceano tumultuoso, impossibile da navigare.
E in virtù di quello sguardo curioso e spaventato che ho riaperto la mia creaturina,
LeF, e sta schifezza nel torace se ne è stata tranquilla.
Ho scritto questo post di grancazzimiei di getto, come doveva essere scritto.
Questo numero di LeF lo dedico a quella bambina curiosa e impaurita, perché impari a lasciarsi sconvolgere
dalla passione, perché comprenda a fondo che l’unica salvezza è lasciarsi andare totalmente alla vita,
senza cercare nulla, accogliendola e basta, meravigliandosi di quanto c’è attorno, perché nulla è scontato.
Soprattutto la felicità che, come dicono tutti i saggi del pianeta, oggi c’è e domani sparisce, come non fosse mai esistita.
Così alla fine ho deciso che quella schifezza nel torace me la tengo, perché è grazie a quella roba che posso amare,
e sempre potrò farlo, lo sguardo dei bambini che urlano la propria gioia di vivere, come potrò accogliere, come sempre ho accolto,
il loro grido di dolore, qualora venissero abbandonati.
A te, questo Lef.
il fusso di pensieri solo all'apparenza caotico